WORKSHOP ORIENTATIVO

È tempo di orientamento per scegliere la scuola superiore. Quest’anno, nei diversi Istituti scolastici in cui Orientareoggi è presente e grazie agli incontri con i genitori, sto sentendo un certo fervore. Di certo la ripresa della vita sociale sta avendo un effetto positivo sull’attivazione da parte dei ragazzi per individuare la strada da prendere. Inoltre le diverse attività proposte agli alunni per renderli più consapevoli alimentano un’energia orientativa che trapassa i muri delle classi.

 

È un flow di pensieri (valutazioni, analisi, design, creatività), emozioni (valoriali, passionali, dreaming) e azioni (muoversi con coraggio alla raccolta e alla scoperta delle opportunità che il mondo sta offrendo). Tutto questo genera una bolla di apprendimento che dura qualche mese: esattamente fino a gennaio, la dead line per la prescrizione. Il periodo dell’orientamento a scuola è un lasso di tempo che pungola i ragazzi a dare spazio a un’idea: ho raggiunto un’età in cui sono chiamato a decidere cosa fare per le prossime 26.000 ore della mia vita (tre anni di vita) o addirittura 43.000 (5 anni di vita).

 

Quando dico ai ragazzi che hanno già vissuto più 100.000 ore si meravigliano.

È un’amplificazione per scioccarli e farli sentire grandi. Numeri che, a volte, colpiscono e incrementano la responsabilità rispetto al proprio destino.

“Quando si nasce il tempo è come un fiume in piena, poi si ridimensiona fino ad arginarsi. Lentamente diventa un rigagnolo. Ancora popolato da girini alla fine non ne resta che poche gocce. Ormai sta evaporando. Tic Tac: è diventato eternità.”

 

Diversione poetica: inevitabile quando fuori la pioggia batte sul selciato!

 

Rifocalizzo l’attenzione:

 

Nonostante le tante attività, la diffusione di informazioni e di buone prassi per Decidere, ci sono tanti ragazzi che sono presi dal dubbio se andare a destra, al centro o a sinistra, altri che brancolano nella nebbia, chi sente il bisogno di essere sicuro al 100%, chi vuole cominciare a dare voce al proprio potenziale e chi è in stallo.

In tutti questi e altri casi può succedere che i genitori interpellino un Orientatore. Ci vorrebbe un jingle a questo punto, ma non saprei come renderlo a parole. Una musichetta tipica da film Marvel, Batman o altro.

 

A questo proposito:

Quali sono i superpoteri dell’Orientatore?

Fra i molti ce n’è uno che ritengo molto importante: facilitare la connessione con la propria storia.

 

Una sessione orientativa diventa uno spazio in cui i rumori esterni si attutiscono, si abbassa il volume della città. A quel punto inizia il viaggio.

 

Metafora potentissima può essere utilizzata proprio a inizio sessione per stimolare un po’ pensiero laterale: facciamo finta che stai iniziando un breve viaggio che durerà i prossimi 50 minuti. Alcune domande:

 

  • Perché hai deciso di partire?
  • Cosa troverai in questo territorio?
  • E alla fine quale destinazione vuoi raggiungere?

 

Lo scenario che sto dipingendo è raro. Spesso i ragazzi arrivano con zaini pesanti, in cui le cose sono state messe dentro alla rinfusa. La scelta della scuola superiore si trova, in alcuni casi, sul fondo coperta da molto altro.

Appena aperta la cerniera salta fuori il turbinio dell’adolescenza: sto scoprendo il mondo ma non ho capito ancora come muovermi.

 

In questi casi il viaggio inizia da qui. Scontata la citazione ma dovuta:

 

“Nel mezzo del cammin di nostra vita
mi ritrovai per una selva oscura,
ché la diritta via era smarrita.

Ahi quanto a dir qual era è cosa dura
esta selva selvaggia e aspra e forte
che nel pensier rinova la paura!”

 

L’orientatore diventa una sorta di Virgilio, ma più che accompagnare cerca di far focalizzare l’attenzione verso l’obiettivo della sessione: trovare la strada.

  • Tutto ciò che mi stai raccontando è molto interessante. Come si collega al tema della scelta della scuola futura?”

 

La domanda di focalizzazione apre un sentiero stretto. Si attende la risposta per rilanciare e battere una via più chiara. L’orientatore va in avanscoperta e pianta un nuovo cartello orientativo. Il fine è che il viaggiatore lo legga e decida quale direzione scegliere.

  • “Mi stai raccontando che sei molto bravo nelle relazioni. A questo proposito quali sono le abilità che ti permettono di esserlo?”

 

Si attende la risposta.

 

È un processo di declinazione identitaria. Come con un verbo si inizia dai tempi più semplici e poi si passa al congiuntivo.

  • Quale è il motore che ti spinge a sperimentarti in questo ambito?”

 

Ecco fatto un altro scalino della scala di inferenza proposta da Chris Argyris. Visto che è stato citato. La scala di inferenza teorizza come un soggetto passa da un fatto a un’azione o a una decisione. È un modello che descrive come le persone formano e sostengono modelli mentali nel processo decisionale. La scala propone sette gradini di pensiero.

 

Fase 1 – dati disponibili. In fondo alla scala ci sono informazioni sulla realtà e sui fatti della vita quotidiana. Quello che la persona ha vissuto e sperimentato

 

Fase 2: selezionare i dati. In questa fase le persone scelgono di mettere energia su determinati aspetti invece che su altri. Per lo più avviene inconsciamente.

 

Fase 3: parafrasi dei dati. Si attribuisce un significato a ciò che si vive, ripescando dai valori, principi o credenze passate.

 

Fase 4: Si dà un nome a ciò che si sta vivendo incrociando i dati interpretati e i presupposti personali.

Fase 5: Si valuta cosa sta succedendo. In sintesi si cerca un perché, facendo ricorso a delle teorie causali.

 

Fase 6: A questo punto si sviluppano convinzioni nuove sulle quali si modelleranno giudizi futuri in scenari con contesti simili.

 

Fase 7: Action. Si definisce la direzione da prendere, in base alle convinzioni sviluppate.

 

Da orientatore si può utilizzare questo modello per aver presente dove si trovi la persona e facilitargli, grazie alle domande, maggiore conoscenza e apertura di sé stesso. Oppure utilizzarlo come road map per accompagnare la persona ad attraversare le diverse tappe, a salire   gradini per arrivare per l’appunto al movimento. Cibo volitivo che permette alla persona di valutare quali aspetti di sé far germogliare. Lo scopo è di rendere questo viaggio una scoperta del proprio paesaggio interiore e immaginare come integrarlo a quello della realtà. Sovrapposizioni cartografiche.

 

 

 

Di Massimo Ravasi

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