SCEGLIERE L’UNIVERSITÀ

Per orientarsi occorrono strategie chiare. Una scelta complicata richiede una procedura in grado di renderla quanto più lineare. Una scelta complessa richiede di verificare se alcuni fili siano tra loro intrecciati (es. filo tipologia di pensiero: prettamente astratto, filo interesse: matematica; filo passione: la cucina; filo codice: numerico, simbolico); una scelta caotica richiede un’operazione di messa in ordine, come quando decidiamo di armarci di coraggio e rimettere in ordine l’armadio dei vestiti.

La scelta dell’Università non è un accessorio esistenziale riassunto da un’affermazione tipo: “poi capirò meglio che professione svolgere”. La scelta dell’università è un modo di prendersi cura di sé. È lo stesso concetto che cerco di trasmettere nei percorsi di orientamento e di career design. Non è un’operazione immediata e richiede che si resti concentrati a lungo sulla dimensione del sé. Molto faticoso anche perché…fuori il Circo impazza.

Le stai sentendo? mi riferisco alle giostre e alle canzoni di Natale. Nella loro banalità hanno una forza prorompente: distraggono dall’ascoltarsi e impediscono di fare attenzione a sé stessi.

Le sessioni di orientamento servono soprattutto a questo, ad ascoltarsi. A volte può essere doloroso, perché non è detto che si senta immediatamente qualcosa. Altre si sente troppo ed è egualmente doloroso. Ognuno ha un suo tempo per passare da un “non so” a un “ho capito che”; le esperienze di vita portano spesso allo stesso risultato, con la differenza che a volte la frase ha un tono da rimpianto.

 

Alcuni dati di quanto affermato:

 

“Per tanti giovani neodiplomati, dopo le fatiche estive della maturità, è arrivato il momento di confrontarsi con il futuro, chiamati a decidere sulla prosecuzione o meno degli studi e, in caso di risposta positiva, sulle università e facoltà ritenute più idonee alle proprie aspirazioni.

 

Una scelta di certo non facile, se si tiene conto del fatto che, stando ai dati Almalaurea per il 2016, quasi un ragazzo su otto arriva alla vigilia del diploma ancora disorientato, ossia incerto su cosa fare del proprio futuro formativo e professionale: una percentuale che risulta particolarmente elevata negli istituti tecnici (21%), seguiti dai professionali (19%) e infine dai licei, in cui si riscontra solamente un 7% di “disorientati” (https://www.repubblicadeglistagisti.it/article/come-scegliere-luniversita); è un articolo datato 2017 ma mi sento di azzardare, annusando l’aria che c’è in giro,  che, ad oggi, le percentuali sono cresciute.

 

Su cosa baso il mio indice di probabilità che sia effettivamente così? Semplicemente sul fatto che le distrazioni sono aumentate ancora di più negli ultimi 5 anni. Intuito?

 

È un principio di Causa ed effetto legato al marketing social-cultural-economic: più il sistema collassa e più quest’ultimo produce rumore che mantiene viva la percezione che tutto va bene. Un’ esperienza simile credo sia successa a partire dal 450 al 476 d.C: ti ricorda qualcosa?

In queste condizioni il Decision Making importante, ossia una decisione che deve tenere in considerazione diversi elementi e devono esser valutate in base ad un tempo futuro, passa spesso in secondo piano.

Attenzione: il processo di scelta dell’Università richiede proprio il contrario.

 

In una scuola del futuro, in un’altra galassia, lontano anni luce dal Pianeta Terra si inizia fin dalla giovane età a farsi domande orientative del tipo:

Dopo questo anno scolastico dedicato ad approfondire questi ambiti, cosa hai scoperto di te?  

Hai cominciato a guardare al mondo in modo diverso?

 

Durante le sessioni orientative chiedo ai ragazzi di guardare fuori dalla finestra e di rispondere a questa domanda: “vedi linee? Numeri? Calcoli oppure Colori, Emozioni, Poesia oppure Relazioni, Umanità oppure Scambi…oppure…come vedi il mondo?”

Qualcuno mi guarda come se fossi pazzo, poi osserva meglio il fuori. Quell’immagine si riflette dentro, guidata da un gioco di specchi che permette di arrivare lì dove c’è la risposta: “vedo numeri

 

E?…aggiungo.

 

A volte vorrei chiudere la sessione già a questo punto, concludendo con un: “adesso che lo sai puoi continuare da solo”. Mi trattengo per rispetto del mio commercialista e per la fiducia in ciò che mi è stato insegnato da chi ne sa più di me: serve tempo per arrivare al nocciolo della questione.

 

La decisione implica infatti un comportamento volontario e intenzionale, risultato di un ragionamento. La presa di decisione ha lo scopo di risolvere un problema, anche se vi è una differenza fra decidere e risolvere un problema. Il problem solving è fondamentalmente collegato al raggiungimento di un obiettivo, mentre il decision making è un processo che ha il fine di far scegliere fra diverse opzioni.

 

Il mio corettore di bozze, a questo punto, ha commentato con una nota a lato:

Far scegliere o saper scegliere? immagino che il decision making non sia sempre un processo eterodiretto sbaglio? Cosi però mi sembra che il decision making sia una parte, una fase del problem solving, nel senso che comunque per risolvere un problema devo comunque scegliere tra diverse opzioni quella che mi permette di risolvere al meglio il problema. E nel decision making c’è comunque un obiettivo finale o sbaglio? L’obiettivo è proprio la scelta….scusa solo una mia stupida riflessione..un correttore di bozze non dovrebbe permettersi, ma sai che mi stuzzichi e poi…”

Il confronto serve a questo ad arricchire il ragionamento, a connettere. Il correttore ha fatto chiarezza: le scelte sono di per sé complesse perché si tratta di prendere una decisione per affrontare un problema al quale mi trovo di fronte. A volte ce ne si dimentica. La conseguenza è che si perde di vista o non si focalizza l’obiettivo.

 

Principio: Porsi un obiettivo è una strategia per incrementare la motivazione a dedicare tempo e energia alla decisone/problema dell’Università.

A me la lente di ingrandimento:

 

  • Un obiettivo potrebbe essere potenziare una fra le intelligenze che posseggo perché mi permetta di esprimere la mia tonalità. (intelligenza logico – matematica, Intelligenza verbale – linguistica, Intelligenza musicale, Intelligenza corporeo – cinestetica, Intelligenza spaziale – visiva, Intelligenza interpersonale, Intelligenza intrapersonale, Intelligenza naturalistica).

 

  • Un obiettivo potrebbe essere: trasformarsi in un cittadino attivo e dare il mio contributo ad una delle quattro identità del Pianeta Uomo: Società-Economia-Ambiente-Cultura

 

  • Un obiettivo potrebbe essere: dar voce alla propria unicità anche grazie al percorso Universitario.

Troppo ottimismo?

 

Qualche tempo fa, ho aperto una sessione orientativa domandando al beneficiario di raccontarsi con un oggetto. Ha risposto: una brocca.

 

E che cosa contiene questa brocca?

 

Questa domanda gli ha permesso di socializzare con una dei principi cardine dell’orientamento di Orientareoggi:

Conosci, Possiedi, Trasforma

 

Può essere un obiettivo?

 

Le scelte importanti servono a questo: a darci l’opportunità di conoscere meglio sé stessi, per avere più consapevolezza di chi si è ed essere pronti a generare il proprio potenziale.

 

 

Di Massimo Ravasi

Condividi questo articolo:

Potresti leggere anche:

CONSAPEVOLEZZA E CONSAPEVOLEZZE

“L’essenziale è invisibile agli occhi” La complessità e la dinamicità della condizione umana, sociale ed economica è evidente nella quotidianità. Le disuguaglianze, le contraddizioni, e

LEGGI TUTTO »

MINDSET IN CONSTRUZIONE

L’orientamento come pratica per leggere la quotidianità In questo periodo dell’anno stiamo portando avanti con Orientareoggi un percorso formativo legato alla motivazione con i docenti

LEGGI TUTTO »