In che periodo storico siamo? Mi sveglio con questa domanda. E la risposta mi sembra un groviglio di foglie autunnali che, distese sulla terra formano un tappeto. Bello, colorato, ma anche complesso nella definizione di una forma. L’occhio cade sulla rassegna stampa mattutina e anche oggi, il prima pagina esplode la notizia della guerra israelo palestinese.
Mi sono laureata nel 2009 con una tesi sull’influenza delle lobby israeliane sul congresso americano e la connessione di questa influenza sul conflitto. Sono passati 14 anni ed “eh già, siamo ancora qua”, come dice una nota canzone di Vasco.
Ma che cosa ha a che fare tutto questo con l’orientamento? Considerando l’intelligenza orientativa come quella che ci permette di dirigerci ed orientarci nel mondo, non posso non affrontare, come orientatrice, un evento storico che ha un peso sulla quotidianità di tutti.

Apriamo le pagine internet e troviamo i titoli, cominciano le catene e gli appelli per firmare il cessate il fuoco, cosa pensate del fatto che nella striscia di Gaza, viene ucciso un bambino ogni 15 minuti?
Per come funziona il cervello umano e la sua fantastica voglia di andare a risparmio energetico, i signori bias si presentano alla porta per supportarci nel leggere le cronache quotidiane semplificando la questione. Bianco o nero? Sei dalla parte degli israeliani che cercano un territorio? O dalla parte dei palestinesi che vengono cacciati da un territorio? Ecco, i bias cognitivi sono le scorciatoie, che per fretta, poca voglia di sudare prendiamo e ci permettono di alleviare il dolore davanti ad immagini di territori distrutti e persone devastate fisicamente e psicologicamente. In fondo, in guerra funziona così. Amico o nemico, con me o contro di me.

Il grigio non è un colore molto in voga. “Non ha la luce del bianco e la profondità del nero”, come asserisce Michele Serra nel suo intervento. Eppure osservare la questione israelo palestinese con degli occhiali grigi ci permette di lavorare su alcune sintesi ed allargare gli orizzonti.
E’ curioso provare a leggere la questione da punti di vista diversi, per raccontare il proprio senso e significato degli eventi ed orientare i propri valori, le proprie convinzioni, i propri dialoghi interiori e costruire significati, magari anche diversi su una questione annosa.
Partiamo dunque per un viaggio che ci accompagna nell’osservare la questione dal punto di vista culturale, sociale, economico e ambientale.

CULTURA
Israele e Palestina si trovano all’estremità orientale del Mediterraneo, al confine con il Libano, la Siria, la Giordania e l’Egitto: insieme occupano una superficie di circa 26 mila chilometri quadrati, grande all’incirca quanto la nostra Sicilia, ma più lunga e stretta. Come definireste questo territorio?
Che aggettivi utilizzereste? E’ su questa striscia di terra ristretta che sono state costruite: una moschea, che è la moschea più importante per i mussulmani, la Moschea al-Aqṣā, una chiesa cattolica, fondamentale per i cristiani, e una sinagoga. Tutte, per la precisione, su un appezzamento che si rifà al distretto di Gerusalemme. Spettacolo culturale: la cupola dorata della Roccia della Moschea svetta nei cieli colorati dal fumo nero delle bombe, la sinagoga bianca, è ricoperta dalla polvere delle macerie, i muri della chiesa cattolica sfondati da proiettili. La bellezza delle tre culture offuscata da cieli plumbei. I colori predominanti bianco e nero.
Per guardare al grigio:
– Qual è la storia di questi tre simboli culturali?
– Quali usi e costumi rappresentano?
– A quali identità culturali danno voce?

SOCIETA’
La Striscia di Gaza è la parte di Palestina che si affaccia sul Mediterraneo. In questa sottile fascia di terra di appena 40 chilometri per 9, stretta tra l’Egitto, Israele e il mare, sono assiepate 2,1 milioni di persone, per lo più rifugiati palestinesi. Prendendo in considerazione Israele e Palestina, possiamo osservare un coacervo di identità che abitano questi territori. La caratterizzazione che prevale è quella religiosa: ci sono ebrei, mussulmani, cristiani.
Per guardare al grigio:
– com’è fatto un ebreo? E un mussulmano? E un cristiano?
– in che modo esprimono la loro personalità? Come si vestono? Che musica ascoltano?
– in che cosa credono? E come rappresentano queste credenze?
Qualche tempo fa ho trovato questo scritto che può allargare la riflessione e provare a generare dello spirito critico.

ECONOMICO
L’area di Gaza è di 365 chilometri quadrati. Israele ne controlla lo spazio aereo, le acque territoriali e gli accessi attraverso i varchi nella recinzione che dal 2001 circonda l’enclave. Qui si hanno quotidianamente appena 10 litri d’acqua a testa per bere, lavarsi e cucinare, e l’elettricità è disponibile solo per 13 ore al giorno. Oltre l’80% della popolazione vive in condizioni di povertà e la disoccupazione sfiora il 50%. Siccome la società e la cultura non sono sciolte da legame con l’economia, è interessante prendere in considerazione cosa c’è a Gaza che rende il territorio così ambito e richiesto.
Per osservare il grigio:
– che significato ha nella storia questa striscia per gli israeliani? E per i palestinesi?
– negli equilibri mondiali che interessi hanno i diversi paesi nel sostenere una o l’altra parte?
– in che modo questo sostegno è cambiato nel corso del tempo?
– in che modo queste risposte si connettono con la nostra quotidianità?

AMBIENTALE
L’impatto ambientale delle guerre inizia molto prima del loro scoppio. Costruire e sostenere forze militari consuma enormi quantità di risorse naturali.
Metalli, acqua, combustibili fossili, emissioni di gas serra, tutte risorse necessarie sia per costruire le ingenti macchine della morte, sia per mantenere attivo l’intero apparato militare.
Pensiamo ai milioni di carri armati, aerei, navi, sottomarini, e tutta l’energia e i materiali richiesti per la loro costruzione e messa in opera. E tutto questo anche in tempo di pace.
Le emissioni di CO2 dei più grandi eserciti sono maggiori di quelle di molti paesi del mondo messi insieme. Ed è dal 1948 che la guerra israelo palestine è in atto. In questo conflitto, un altro elemento da considerare è il water grabbing, ovvero la guerra dell’acqua.
Per osservare il grigio:
– che tipo di clima c’è all’interno del territorio israelo palestinese?
– quali fonti idriche ci sono? Come sono state utilizzate nel corso della storia?
– in che modo si potrebbe portare innovazione dal punto di vista della sostenibilità ecologica?

NE BIANCO NE NERO
Nella dialettica Hegeliana c’è un concetto fondamentale: c’è una tesi, un’antitesi ed una sintesi che fa emergere il compromesso tra le prime due.
Orientare significa per me andare alla ricerca della costruzione di sintesi che permettano di costruire, creare bolle di grigio, di mescolare tesi ed antitesi realizzando pensieri e convinzioni nuove, attive e pro attive nei confronti di un contesto stimolante.
Orientare ha senso nel momento in cui si lavora sulla gestione delle sfumature per allenare i neuroni a bussola, ossia gli stessi neuroni che indicano la direzione del movimento nello spazio fisico e che si attivano per orientarci tra i concetti nello spazio astratto delle idee.
L’intelligenza orientativa si accende e si potenzia e permette di ammirare le sfumature di un colore un po’ passato di moda: il grigio come colore del ragionamento, della dialettica, del compromesso e della trattativa.