LENTE D’INGRANDIMENTO

Questa  mattina apro i social e trovo un articolo molto interessante dal titolo “La “tecnica del riflettore” ha falsato il racconto del caso AstraZeneca”. Data l’attualità del titolo, non metterò la mia lente di ingrandimento sulla seconda parte del titolo, per non dare cibo pesante al mio cervello, già di prima mattina.

Ciò che mi ha incuriosita è stata la prima parte: la “tecnica del riflettore”. Forse perché uso questa espressione con le persone in ricerca attiva del lavoro, quando costruisco con loro il CV, forse perché ha stuzzicato la mia vena da scrittrice, credo possa essere interessante dedicarci alcune riflessioni.

In fisica la riflessione consiste nel rinviare, da parte di una superficie, un flusso di energia che la colpisce. Questo è particolarmente evidente per quanto riguarda l’energia luminosa; non pensiamo però solo alle superfici lucide o agli specchi: ogni oggetto riflette la luce, e proprio dal modo in cui la riflette, il nostro occhio ne distingue i colori.

Dal punto di vista intellettuale, invece, la riflessione è il rimandare indietro il pensiero a qualcosa, riconsiderandolo, ripensandoci su con attenzione: dopo l’esperienza che facciamo di giorno alla luce diretta del sole, è alla luce riflessa della luna, di notte, che arriva la riflessione intellettuale. In questo senso l’attitudine alla riflessione è cifra di grande discernimento fra ciò attraverso cui la nostra mente può passare senza soffermarsi e ciò che invece è meritevole di essere rivisto, ricontemplato, focalizzato.

Ed è proprio quello che la lente di ingrandimento dello scienziato, dell’archeologo, del linguista, fa: mette a fuoco una parte della realtà, per analizzarla meglio. Chi gli elementi scientifici, chi i reperti storici, chi le parole, ognuno mette a fuoco una singola parte, verso cui è spinto e verso cui è attirato. Si perché, credo siano due, le forze centripete che ognuno di noi ha in sé, quella che spinge e quella che attira.

Volendo metterle sotto una lente di ingrandimento orientativa, queste due forze spingono ed attirano pensieri che vengono orientati verso una direzione e costruiscono le nostre giornate ed, in misura più ampia, le nostre mappe, i nostri sentieri, le nostre rotte.

Mi ha colpito una delle domande che Dyer[1] pone in riferimento alla tematica “Se non sei tu che controlli i tuoi pensieri, chi li controlla?”. Magari banale e scontata. Tuttavia, mettendo il focus su questa domanda, propongo le seguenti riflessioni:

  1. È interessante vedere come ognuno di noi ha la facoltà di scegliere di pensare qualsiasi cosa e di lasciare andare ciò che non è degno di essere messo sotto la lente del microscopio (scaccia pensieri!): questi pensieri diventano, metaforicamente, pietre, per costruire, come abili ingegneri strade e ponti.
  2. Si può sempre scegliere, in qualsiasi momento (della giornata, della settimana, del mese, dell’anno) se essere roccia o corallo: la differenza sta tra l’essere morti e l’essere vivi. Lo scegliere pensieri felici e nutrienti, che motivano ed impegnano, portano alla crescita, all’evolversi ed al contribuire, come in un puzzle, ad un quadro colorato e significativo, mentre i pensieri dannosi e tossici, paralizzano (questo il motivo per cui ho evitato di prima mattina di concentrarmi sulla seppur interessante questione vaccini!!!)

Auerbach, filologo, sottolineava già nel 1946 come sia possibile alimentare una concezione della verità che distorce “il giusto rapporto fra le singole parti” che la compongono, attraverso la tecnica del riflettore. Evidenziava, come le informazioni possono essere focalizzate, ed indirizzare il pensiero dell’opinione pubblica.

Credo che Dyer, psicologo, metta luce, su come, scegliere di prendersi la responsabilità di cosa illuminare, e di conseguenza pensare, possa fortemente contribuire a creare quei “momenti magici”, che ogni giorno, danno da bere e potenziano i nostri semi generativi.


[1] W.W. Dyer, “Le vostre zone erronee”, Bur Rizzoli, 2020

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