INCIPIT

Ogni fase di cambiamento richiede un incipit. A proposito i buoni libri sono custodi di una vera e propria saggezza. Leggendone uno a caso: 

 

Quando avevo dodici anni e stavo appena imparando ad andare per mare mi imbattei in grandi tempeste sia in senso letterale che metaforico. Sono stato sempre dell’idea, fin da quando la prima volta ho avuto quella che si potrebbe definire un’idea, che colui che conosce un solo argomento è molto simile a colui che non sa maledettamente nulla di nulla. Pertanto nel corso della mia vita mi sono sforzato di apprendere tutto ciò che mi è riuscito…..(tratto dalla Golden Mary di Charles Dickens) 

 

In questo caso Dickens introduce il lettore in un’ambientazione particolare, che farà da sfondo all’incidente evento che aprirà la vera e propria storia. Un buon incipit inizia quindi con un momento di svolta, a volte un incidente scatenate. Eppure, nella vita reale, il più delle volte, viviamo i punti di rottura della quotidianità come una scocciatura. Anzi li subiamo. In molti casi il risultato è un lamento sintetizzato in questa frase: non me ne va mai bene una. 

 

Non mi sto riferendo a quegli avvenimenti che stravolgono la vita, come potrebbero essere una malattia, un lutto -seppure, pur rispettando il dolore di qualsiasi persona stia leggendo l’articolo, ultimamente mi sono sorpreso a domandarmi se anche queste prove non rappresentino un’opportunità per capire chi siamo-. Mi sto riferendo, invece, a quelle situazioni più gestibili: l’avvicinarsi del termine di un ciclo scolastico, di una formazione, la conclusione di un contratto, un licenziamento, la chiusura dell’azienda nella quale si lavora. 

 

Lascio al lettore continuare l’elenco. 

 

Il punto cruciale è che tutti questi avvenimenti possono essere reinterpretati e assumere un significato se inseriti all’interno di un buon incipit di narrazione personale.  

 

E invece siamo diventati degli ottimi imitatori. Eppure come scrive Bruner “L’essere umano è naturalmente predisposto all’organizzazione delle esperienze in forma narrativa.” 

 

 E ancora: la narrazione “Risponde al bisogno intrinseco dell’uomo di dare significato alla realtà che vive in un tempo e contesto culturale, a ciò che esperisce e a ciò che sente a livello emotivo. Ogni persona, secondo Bruner, è una soggettività di scopi, motivazioni e intenzioni, che ha necessità di ri-costruire, formulare e ri-formulare gli avvenimenti della propria esistenza in modo tale che essi assumano la forma  

di un filo conduttore nella trama della propria vita, e così, definiscano l’idea di Sé come essere-nel-mondo. 

[…] Il primo ingrediente base della narrazione è la capacità di categorizzazione, attraverso cui si struttura e si simbolizza la realtà per conoscerla e per comprenderla. Attraverso essa l’essere umano non solo codifica la conoscenza, ma riesce a cogliere e creare delle connessioni tra le cose che vanno oltre l’esperienza diretta del qui e ora. L’uomo ha accesso alla conoscenza della realtà proprio tramite la simbolizzazione e la categorizzazione. Senza di esse l’uomo sarebbe oppresso e bombardato dalla vastità degli stimoli e dalle diverse esperienze che costellano la sua vita, e l’esistenza stessa diverrebbe totalmente caotica, dispersiva, incomprensibile. Non avrebbero senso di esistere nemmeno i miti, i simboli e le metafore, prodotti del pensiero narrativo-creativo proprio dell’essere umano” 

 

Trasformare una rottura della linearità in un buon incipit è una strategia ad alto valore per orientarsi. Infatti ci permette di attuare una geolocalizzazione esistenziale. Si dà avvio a un nuovo motivo, che avrà un andamento diverso rispetto a ciò che la Vita ci ha concesso di suonare fino a quel momento.  

I grandi incipit, quelli che arrivano direttamente alla pancia, e ci impediscono di staccarci dalle pagine anche quando gli occhi gridano pietà, alzano la posta fin da subito. Creano un’atmosfera coinvolgente e danno un’intenzionalità.  

 

Alzare la posta in gioco, creare un’atmosfera coinvolgente…cos’ha a che fare tutto questo con l’orientamento?  

 

Compiere queste operazioni hanno la funzione di mettere in gioco. Sono una sorta di incantesimo in grado di cambiare qualsiasi spettatore passivo in protagonista. Non sto parlando dell’uomo che si fa da solo, del self made stile americano. Non sto parlando neanche delle luci alla ribalta. Sto sostenendo che la narrazione personale ci permette di avere maggiore consapevolezza rispetto alla storia sulla quale possiamo avere un diritto di scrittura. Inutile dire che la storia sarà scritta a più mani, alcune delle quali sono in fase di incipit sconosciute.  

 

Però possiamo scrivere l’incipit, dare motivazione all’evento, amplificare quell’energia che ci può sostenere nelle imprese che seguiranno. La decisione di quali sfide intraprendere in molti casi rappresenta essa stessa una sfida.  

 

Orientare significa anche facilitare l’incipit. Noi di Orientare Oggi lo prevediamo ogni volta che entriamo in un’aula. In quei casi c’è, tra l’altro, da tener presente che ci sono due incipit a cui dar il là: 

  • quello dell’aula intesa come Gruppo, o comunque di somma dei presenti 
  • quello delle singole persone. 

 

Offrire agli alunni, ai giovani e agli adulti che incontriamo questa occasione è per noi un onore perché, come dice un detto, chi ben inizia è già a metà dell’opera 

 

Ci si potrebbe fondare un movimento di liberazione: Dai voce al tuo incipit, perché ognuno può essere, con umiltà -da humus nutrimento della terra- protagonista della propria narrazione. 

 

“E di questo son certo!” 

 

 

Di Massimo Ravasi 

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