COACHING E ORIENTAMENTO

In questo periodo ho concluso un percorso di formazione di coaching. Dopo anni che mi occupo di career coaching e orientamento, ho sentito il bisogno di prendermi cura di alcune fra le competenze che esercito quotidianamente. Seppure l’apprendimento sia uno dei principi che metto alla base della mia professionalità, tuttavia ho iniziato il percorso con una certa superficialità.

 

Credevo di sapere già molto del coaching e che avrei avuto una conferma di quanto già pratico. In modo spocchioso pensavo che il corso mi avrebbe dato quell’aurea all’Anthony Robbins o simile. La cultura ha diffuso l’idea che il Coach sia un motivatore, una specie di Mago (il Mental Coach) o una sorta di Super Eroe che risolve i problemi. Modelli allettanti, per il proprio Ego.

Invece, l’approccio e la metodologia proposta mi hanno dato l’occasione di vivere un’esperienza di crescita personale, e individuare nuove coordinate di riferimento professionali e personali.

E tra l’altro, è stata un’occasione per dare voce a una della 24 potenzialità umane elencate da Seligman: l’umiltà.

Nell’immaginario, una persona umile è un individuo che cammina a testa bassa. Guarda la terra perché non degno di alzare la testa ed esprimere la propria voce.

 

In realtà l’etimologia di questa parola già ne rivela la forza:

umiltà deriva da Humus. L’humus è il nutrimento della terra

 

Da Wikipedia:  L’humus (pronuncia italiana /ˈumus/; dal latino humus, “suolo, terra, terreno”), adattato talvolta in um, è un componente chimico del terreno. È pedologicamente omogeneo, di colore bruno e formato da prodotti di vario grado di polimerizzazione, frutto della degradazione e rielaborazione della sostanza organica del terreno. È un complesso di sostanze organiche presenti nel suolo.

 

L’humus rappresenta la parte più attiva, sotto l’aspetto chimico e fisico, della sostanza organica del terreno e interagisce con la frazione minerale e con la soluzione circolante influenzando le proprietà chimiche e fisiche del terreno.

 

In soldoni: senza umiltà si rischia l’impoverimento

Come per qualsiasi abilità che si possiede, se l’intenzione è rafforzarla, occorre mettere in campo un allenamento.

Come si fa a rafforzare la propria umiltà?

 

Gallway, autore di The Inner Game, direbbe che la sfida consiste nell’esprimere il proprio stile. Tuttavia occorrono punti di riferimento da cui muovere i primi passi.

 

Non si può ignorare che un “dritto è costituito da quattro parti: posizione di attesa, apertura, swing e impatto. Lo scrittore e allenatore di tennis Peter Fryer spiega: “Per prima cosa, mettiti in posizione tenendo la racchetta davanti a te, le ginocchia leggermente piegate e il peso sulle punte dei piedi.” (https://www.wikihow.it/Colpire-di-Dritto-a-Tennis);

Ad ognuno poi tradurre il proprio diritto.

 

Per allenare l’umiltà ho preso a riferimento alcuni principi che sono stati elaborati da dei Grandi Personaggi.

 

Il primo è un classico, un Mito: Socrate.

 

Il suo so di non sapere è la base. Quando incontro una persona per una sessione di orientamento, di coaching orientativo (se sei interessato ad esempio clicca qui  https://orientareoggi.com/consulenze-genitori/) faccio un reset iniziale.

Della persona che ho di fronte non so assolutamente nulla.

Sono curioso di incontrarla e ascoltarla.

 

Al suo so di non sapere Socrate ha aggiunto una risorsa potentissima. Si tratta dell’arte della maieutica:

La maieutica era, per gli antichi Greci, l’arte di far nascere i bambini. Il filosofo greco Socrate ha utilizzato questo termine per descrivere l’arte di far emergere la verità dalle persone attraverso il dialogo, l’ascolto empatico e le domande.

 

Proprio così: lo strumento principe utilizzato dal Coach è la domanda. Si tratta di domande aperte, per lo più, che accompagnano la persona ad esplorare ed elaborare la propria identità. Il Coach facilita il processo, ma il protagonista è il coachee.

Il coaching permette alle persone, allo stesso modo dell’orientamento, di rallentare, scoprirsi, vedersi.

 

All’interno avviene una mobilitazione funzionale al raggiungimento di un obiettivo.

Il primo esercizio di umiltà consiste quindi nell’esercitarsi nell’arte di fare domande non giudicanti, non investigative, libere da interpretazioni. Domande che hanno il fine di rafforzare la consapevolezza.

Alla domanda va collegato un esercizio fondamentale: restare in silenzio e lasciare spazio.

 

Mi confesso: è stata dura. Il silenzio è una pratica faticosa. Lo sguardo è rivolto a chi si ha di fronte. Si attende che arrivi da lui. Il Coach Orientatore non ha verità in tasca. Può avere delle conoscenze. A volte ci si ritrova in situazioni in cui il tempo stringe e la tentazione di dire la propria è fortissima.

“Ma come fa a non averlo capito, è così semplice, la soluzione è lì….”

 

Quanto ego c’è in queste parole.

 

Essere umili significa avere fiducia nell’altro.

Chiaramente se una persona richiede una consulenza, allora il setting diventa altro.

 

Nel caso in cui, invece, il bisogno iniziale sia:

 

voglio imparare ad orientarmi, voglio rafforzare la mia capacità di prendere decisioni, di affrontare problemi, voglio capire quale direzione prendere, allora il coaching orientativo è lo strumento.

 

Le domande e il silenzio danno infatti modo alla persona di trovare la propria storia.

 

 

 In un articolo del 1978, Carl Rogers scrive:

“Abbiamo a che fare con un organismo che è sempre motivato, è sempre intento a qualcosa, che cerca sempre qualcosa. La mia opinione è che c’è nell’organismo umano, una sorgente centrale di energia e che tale sorgente è funzione di tutto l’organismo, non solo di una sua parte. Il modo migliore per esprimerla con un concetto è di definirla tendenza al completamento, all’attualizzazione, alla conservazione ed al miglioramento dell’organismo”. Rogers, C. (1978) (The formative tendency. J. Hum. Psychol., 18, pp. 23-26)

 

Da qui, oltre alla fiducia, anche il rispetto per chi si sta accompagnando.

 

Una delle placche di Bronzo della porta sud del Battistero di Firenze rappresenta l’allegoria dell’Umiltà come una figura femminile con il capo chino che con la mano sinistra si regge il mantello e con quella destra tiene alta una candela.

Una rappresentazione che evidenzia come da una parte l’essere umili richieda farsi portatori di una propria identità consapevoli però dei propri limiti.

(https://www.dimensioneperformance.it/).

 

Come scritto in apertura Seligman, psicologo della psicologia positiva, ha inserito l’umiltà fra le potenzialità dell’essere umano. Collegata alla virtù di temperanza ha evidenziato come l’umiltà comporti “ascoltare gli altri, senza interromperli, al fine di acquisire nuove conoscenze e informazioni e imparare da tutti con spirito critico”.

 

In altri termini l’umiltà ci permette di vivere con maggior serenità e di sospendere il giudizio nei confronti degli altri in quanto “felici” di essere imperfetti.

 

L’umiltà diventa una delle potenzialità che grazie al coaching possono essere allenate e sviluppate.

 

Il coaching e l’orientamento sono una pratica di cambiamento bidirezionale: nei confronti del cliente, in quanto sono strumenti che facilitano consapevolezza, processi decisionali e di orientamento grazie ai quali seguirà un’attivazione per raggiungere quegli obiettivi che permetteranno un’evoluzione.

 

Allo stesso tempo il coach, l’orientatore esprime, nella sua pratica, alcune potenzialità che influenzeranno le sue convinzioni, i suoi comportamenti e i suoi modi di agire nel mondo. Essere umili significa accettare la trasformazione.

 

 

 

Di Massimo Ravasi