Con Orientareoggi stiamo portando avanti in diversi istituti, momenti di coaching didattico legati al più ampio progetto del PNNR. Abbiamo colto l’occasione per potenziare le nostre competenze, perché, si sa, l’orientatore è sempre in learning by doing. Il punto di vista questa volta ha subito una sensibile virata, e ci permette di osservare l’intelligenza orientativa da un’altra prospettiva: quella del coaching. In particolare del coaching legato all’apprendimento.
Partendo dalla definizione di coaching come “metodo di sviluppo personale e organizzativo che si basa sulla relazione di fiducia tra Coach e Cliente (Coachee) al fine di valorizzare e allenare le potenzialità del Cliente o dell’organizzazione per il raggiungimento di obiettivi definiti ”, abbiamo puntato la luce su un’attività umana che è centrale nell’evoluzione personale: l’apprendimento. E quale contesto migliore in cui farlo se non nell’istituzione ad esso preposta: la scuola.

Lavorare sull’apprendimento e sul potenziamento in maniera sinergica e con gli adolescenti, significa avere tra le mani un’opportunità unica ed irripetibile per contribuire alla generazione di potenziale, dare voce ad identità in evoluzione e consentire la nascita di nuove libertà intelligenti.
La forza degli interventi che stiamo costruendo sta nell’avere una connessione con i docenti: la rete sta permettendo ai ragazzi di giocare in un campo con regole chiare e definite, dove la chiarezza di obiettivi e strategie è condivisa dai diversi coach che li allenano.
Anche questo fa parte dell’apprendimento: curare, potare, osservare e gestire i nuovi rami relazionali che nascono e coltivarli. Condividere e mettere a terra modalità e processi replicabili in aula, affinché il processo evolutivo e di crescita non si blocchi e proceda anche all’interno del gruppo classe. Un movimento musicale che (alle volte) diventa sinfonia.
Il contesto è diverso, ma il ricordo riaffiora.
C’è una famosa canzone dal titolo “Crumbles from your tables”. L’ho usata all’esame di quinta superiore quando ho presentato l’elaborato finale e parlavo della povertà in Africa, in lingua inglese. Torna oggi come orientatrice, non tanto per l’argomento proposto alla commissione quasi 20 anni fa, ma per le crumbles, le briciole. Si sa, ne esistono di diversi tipi: del pane, dei dolci, i crumbles vengono sbriciolati per rendere più croccante i piatti.

Ecco, le ore di coaching didattico sull’apprendimento sono un po’ le briciole di un piatto che si cucina insieme e questa settimana ne ho gustate tre: delizia del palato.

Parlare in downhillinese (diritti di autore di N.)
Entra e ha il cuiffo che gli copre la fronte, ed un po’ anche gli occhi. Si siede e la chiacchierata comincia. Quando gli racconto che faccio la coach, la risposta è pronta “quindi mi fai muovere?
Facciamo dello sport”. “In un certo senso”, rispondo. Emerge subito forte la sua passione per il downhill. Colgo il linguaggio, la voglia e l’entusiasmo rispetto a questo sport che N. adora. Finiamo a parlare di apprendimento a scuola in una lingua nuova, il suo downhillinese, che comincia a muoverlo verso una prospettiva diversa. Approfondiamo i salti sui tracciati di downhill e cominciamo a focalizzare a quali materie assomigliano.
L’immaginazione torna come una forza motrice potente. Sta ormai scendendo il tracciato con la sua bici in maniera sciolta e parla di scuola con un’energia diversa rispetto a quella con cui è entrato nella stanza. Una volta visualizzati i salti e le materie, li disegniamo e costruiamo il tracciato, difficile, che vuole affrontare nel prossimo mese. Emerge una risorse che N. intravvede ma lascia scivolare: quando studia si pone le domande che il prof potrebbe fargli durante le interrogazioni.
Quando gli chiedo come potrebbe integrare il tracciato disegnato, dove ormai sono presenti, salti e materie, mi chiede se può fotocopiare il tracciato per segnare sotto ogni materia le domande che si fa. Diventa così un nuovo strumento di studio. Lo guardo e capisco quanta intelligenza orientativa c’è all’interno di un ragazzo alto poco più di un metro e 30, magro magro e con il ciuffo che copre gli occhi e che si diverte a spostare per guardare meglio i suoi nuovi orizzonti.

Rabbia e musica
L’ora dopo è una lei. Ragazza bellissima, carnagione olivastra, viso cupo, fisico sportivo coperto da una tuta nera che sembra affermare “lasciatemi stare, sono proprio arrabbiata”. Non ci mette molto ad esplicitare il concetto “Oggi non è giornata. Io non parlo con nessuno”. La situazione si fa interessante, visto che il coaching si basa sul dialogo. Rinuncio da subito a parlare ed affermo “ok.
Passiamo l’ora in silenzio. Unico consiglio che ti chiedo: devo uscire anche dalla stanza altrimenti mi accoltelli?”. Abbozza un sorriso e rimanda che l’unico mezzo che ha per stare nella rabbia è la musica. Fregata …. Con le sue stesse mani. L’ora passa ascoltando testi di canzoni che condivide dal cellulare. Qualche domanda, sui testi, sul ritmo, sui cantanti. Mai su di lei. Apre spiragli sempre più ampi. Io disegno quello che racconta: cantanti venuti da contesti difficili, che ce l’hanno fatta da soli, traditi da famiglie ed amici, con aspettative pressoché nulle dalla vita, si sono riscattati con la musica.
Costruisco una mappa dei concetti che emergono e la conversazione si fa interessante, apprendo informazioni e linguaggi di un mondo che non conosco in modo approfondito e la ringrazio. Sorride. Si alza e mi chiede “posso fotografare la mappa e i disegni così li porto all’educatore e ci rifletto?”
Magia: sente la rabbia, trova una strategia per abbassarla, scopre pezzetti di identità che, probabilmente prima, faticava anche solo a nominare. Diventa una sessione di scoperta, per lei, ma soprattutto per me.

Quando parlare inglese è una risorsa
Le cose non succedono per caso. Settimana del mio esame di inglese. Settimana di coaching in inglese. Arriva e spavaldo si accascia sulla sedia. Descritto come “IL CASO” della classe, lascio andare il pre – giudizio. A pelle, mi piace. Mi racconta che stava facendo inglese e che è la sua lingua preferita: da quando è in Italia (lui albanese) guarda i film in inglese senza sottotitoli. “E che problema c’è, gli dico. Facciamo coaching in inglese!”. Le barriere si abbassano, gli occhi si illuminano e la sessione comincia. Sbalorditiva la proprietà di linguaggio e la grammatica per un ragazzo di seconda media. Diventa come surfare tra le onde di un’intelligenza brillante, gestita in modo poco strategico. Con una consapevolezza da lasciare basiti, elenca sicuro i suoi punti di debolezza: descrive in maniera dettagliata l’immagine di sé (dal confronto con i docenti è uguale a quella che rimandano loro: come ci specchiamo bene nel rimando degli altri!!!!) di un ragazzo casinaro, cattivo, che non ascolta e non rispetta le regole. Allargo il focus e gli chiedo dove vorrebbe arrivare nella vita: “A fare tanti soldi”. E’ troppo intelligente per capire che senza un network e un rispetto delle regole nel mercato del lavoro non dura molto, nemmeno a fare cripto valute. Decliniamo come possiamo arrivare all’obiettivo allenandoci nel contesto scolastico: sottolinea strategie e tecniche che ha intenzione di attivare e chiude con un bel “Ok i’m smart and i can do it!”.
Riflessioni conclusive
Polito afferma che una persona intelligente costruisce e ricostruisce continuamente in modo personale ed originale il significato dei concetti che usa. Potenziare una mente ecologia implica continuamente fare download di schemi e significati che ti permettono di leggere la complessità e di pensarla. Di osservare l’interconnessione tra gli eventi e ed intravvedere il meraviglioso intreccio che ne emerge.
Ancora una volta ho avuto la conferma che le mappe cognitive che ho rispetto all’adolescenza sono povere rispetto al potenziale che questi ragazzi esprimo.
Ancora una volta mi sono convinta che avere l’occasione di lavorare con loro con un metodo come il coaching, quindi un metodo generativo di potenziale sia vincente affinché si sentano valorosi, riconosciuti, potenti.
E quale è, se non questo, il ruolo di un istituto che punta sull’apprendimento delle nuove generazioni?