BREAK ESTIVO

Agosto è il mese in cui in Italia solitamente i tempi rallentano e le città si svuotano. Il break di fine estate non dura molto, è un soffio e subito ci si ritrova a settembre. Tuttavia è uno spazio sufficiente per rallentare e dilatare il tempo che si ha disposizione. La musica nelle piazze alleggerisce la seriosità di quel sono impegnato, vietato disturbare e ci si lascia andare al vagare. Una email resta a metà e si prende il volo.

 

Un pensiero che vaga è un pensiero che può portare a delle scoperte oppure al nulla. L’esito finale dipende da molti fattori tra i quali:

 

  • Da quante volte il pensiero è deviato o attirato da rumori, voci, grida improvvise. In Estate i volumi sono amplificati. Forse l’aria calda ha il potere di alzare oltre che la temperatura corporea anche altro come le frequenze sonore.

 

  • Da chi si incontra fortuitamente nelle passeggiate serali o agli eventi culturali a cui si dà più spazio, mossi dall’illusione che le giornate durino più a lungo. In realtà sono sempre le medesime 24 ore che abbiamo a disposizione.

Il pensiero si sente libero di vagare perché le scadenze sono lontane: c’è ancora tempo, seppure la matrice di Eisenhower ripresa poi da Covey, mi suggerisca di gestire bene i giorni. I progetti importanti impiegano poco a diventare anche urgenti, con il rischio di sentire l’acqua alla gola.

Fra le casualità avute in questo periodo ve ne sono due che mi hanno regalato dell’ottimismo e una che mi ha lasciato dell’amaro in bocca. Sarà un caso oppure no ma tutte e tre hanno un fattore comune: la musica.

Primo evento:

scendendo a prendere un gelato rinfrescante in un caldo pomeriggio mi sono imbattuto in un quartetto di giovanissimi che suonava del buon rock. Era tanto che non sentivo alcune canzoni dei Beatles, degli Eagle, dei Led Zeppelin. Ciò che mi ha attirato però non è stato tanto la qualità o il volume delle casse, ma più la genuinità che traspariva dai volti e dai movimenti dei musicanti. Erano per così dire completamente liberi da qualsiasi pensiero Social dell’apparire ed erano lì semplicemente per divertirsi. Il divertimento è uno degli elementi che contribuisce ad aumentare la propria felicità, perché divertendosi si genera energia (emotiva, psichica, fisica); esistono tipologie diverse di divertimento, tuttavia quest’ultimo è tanto più puro quanto più risulta libero dall’essere condizionato dal contesto esterno. Banalizzando: come posso divertirmi al mare se sono incatenato dal dover apparire “bello”? Qualsiasi distrazione all’impostazione plastica potrebbe risultare fatale alla mia reputazione sociale, anche quando si è un anonimo essere umano.

 

Nelle sessioni di orientamento mi capita talvolta di sentire che manca quel giusto pizzico di divertimento, quel sorriso ingenuo che porta ad essere più veri, a sciogliersi per così dire. Così a volte, mi permetto delle deviazioni sul tema e improvviso:

 

Che belle unghie che hai. Ognuna di un colore diverso, mi ricordano l’arcobaleno. Piacerebbe averle anche a me.

Alla frase segue un incipit di risata che innesca una respirazione a pieni polmoni. La cassa toracica si muove. Lì dentro c’è il cuore che si scuote e si attiva. Grazie a quella risata avviene il risveglio dal torpore e si affronta con un’energia diversa ciò che segue.

 

Divertimento e genuinità. Un binomio da tenere presente per restituire un po’ di freschezza di quella gioventù incrociata in un pomeriggio d’estate e di cui avevo perso le tracce. Mi è caduta anche una lacrima di commozione. In quel momento ho depositato nel cuore una nuova missione da aggiungere al mio elenco professionale:

Facilitare l’espressione della propria genuinità e semplicità

perché aggiunge valore alla propria identità.

Secondo evento musicale

Questa volta si trattava di un’orchestra di otto violini, due violoncelli e un contrabasso. Musica sublime per le orecchie. Dei veri professionisti della purezza del suono. L’evento prevedeva la partecipazione di una special guest nei due motivi di chiusura: un giovane contrabbassista vincitore di un premio nazionale. Quando è entrato in scena ho percepito un cambiamento immediato: ha riempito, pur essendo di corporatura minuta lo spazio e ha aggiunto nuova energia a quella già generata dai musicisti. Non aveva uno spartito a differenza degli altri, ma un tablet. Poi è successo: ha abbracciato il suo strumento -il contrabasso è veramente grande – che subito è diventato tutt’uno con esso. Il suo volto comunicava una profonda passione: una fusione estetica in cui l’essere umano diventa a sua volta strumento a servizio di uno scopo universale: la musica.

 

Molte volte nelle sessioni di orientamento si avverte invece la pesante presenza di un Dovere che provoca un blocco interiore. In queste situazioni l’Essere si ribella nei confronti del Bisogna Fare, e così procede per inerzia. È come se provocasse appositamente un attrito che influisce sulla motivazione, senza la quale difficilmente si evolve.

 

 

Riassumendo in un’immagine: c’è il freno a mano tirato.

In questi casi provo a far sì che la persona si appassioni alla sua storia e possa valutare come continuarla. Per compiere questa operazione ricorro, a seconda dei casi, a diversi paradigmi: il ciclo dell’eroe, il gioco del se o il cambio dell’archetipo. Questi modelli mi offrono delle chiare coordinate per praticare un reframing (questa tecnica facilita il cambiamento del significato di una situazione, di un modello comportamentale, o di un problema, attribuendogli una diversa immagine).

 

Passione e voler Essere. Un binomio da tenere presente per facilitare una rivisitazione delle proprie vicende personali e professionali e per coinvolgersi in esse.

 

L’ultimo evento rompe il quadretto idilliaco tratteggiato fino a qui riguardo a una gioventù brillante, piena di entusiasmo e di volontà di dare un contributo alle Grande Avventura Umana. Ho avuto la fortuna di potermi sdraiare su di una spiaggia meravigliosa quest’estate. Uno di quei posti dove c’è solo spiaggia, un mare che ha tinte azzurre e blu profondo e ti chiama a tuffarcisi dentro. Immerso in una dimensione naturale di incomparabile bellezza all’improvviso qualcuno ha rotto l’incantesimo con della musica tecno. Non ho nulla contro questa musica, anzi ci sono momenti in cui ne faccio uso per alzare di qualche grado l’energia, tuttavia lì, è stata un colpo al cuore. Un gruppo di giovani stava facendo il bagno e aveva portato con sé una cassa grande come un comodino.

Quell’aggeggio di plastica era posato sul bagnasciuga e impediva al mare di diffondere l’armonia delle onde che baciano la riva. Così mi sono alzato e ho percorso i 200 metri che mi distanziavano dalla cassa e mi sono fermato a fissarla con sguardo stupito. La reazione del proprietario mi ha lasciato basito:

 

“Do you like it?” mi ha chiesto. A quel punto mi sono permesso di spiegargli che avevo percorso più di 1000 km per ascoltare il silenzio e la voce delle onde. È rimasto spiazzato dalla mia frase e poi mi hai chiesto se fosse il caso di abbassare il volume. Avrei voluto avere una competenza linguistica tale da chiedergli cosa lo spingesse ad essere lì con quell’affare e della sua incapacità di far caso alla gente che gli stava attorno. A come quella musica dava semplicemente fastidio non solo a me ma anche a lui, lì, in quel momento. Mi sono accontentato di muovere la testa in segnale di assenso e l’ho ringraziato. Per un po’ non ho sentito la musica, poi con mio dolore è ritornata.

 

Un evento tale porta a farsi molte domande. Fra le varie ne voglio riportare una:

 

  • perché sono stato l’unico a far notare (non a lamentarmi, ad attaccare briga, a distruggere quell’oggetto fuori luogo) che quella musica stava ledendo la mia libertà di godere della pace di una meraviglia naturale?

 

Sono molte le risposte che si possono dare a questa domanda, tra cui il fatto che vi è una paura diffusa di venir aggrediti o di entrare in conflitto con degli sconosciuti. Tuttavia procedendo nella riflessione, sono passato dal cercare un motivo di ciò che sta avvenendo a chiedermi cosa potessi fare per evitare di dare per scontato che oramai è così e punto. Sono fermamente convinto che il mondo possa essere un posto meraviglioso dove vivere, ma penso che per trasformare questa affermazione in un dato di fatto serva coraggio e mettersi in gioco.

 

L’orientamento serve anche a questo: a scoprire che cosa sia il rispetto di sé e degli altri, così da sviluppare un’idea di libertà personale basata sull’osservare e sull’ascoltare dentro e fuori di sé. Allora accade: divento consapevole di non essere solo…

 

 

Di Massimo Ravasi

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