PASSEGGIATA ORIENTATIVA SUI SETTE COLLI DI ROMA

“Roma è la città degli echi, la città delle illusioni, e la città del desiderio.”

Giotto

Città eterna ho avuto modo di incrociarla nei racconti di persone che hanno incontrato il mio cammino. La sua bellezza mi è stata narrata nei particolari, così come il dolore di doverla lasciare per le sue contraddizioni: paradiso ed inferno allo stesso tempo. Nello stesso luogo. Una frase che mi ha colpita nelle narrazioni è stata “ A Roma, ovunque ti giri, puoi meravigliarti, basta che osservi ed ascolti”. Quale incipit migliore per preparare un percorso formativo sull’apprendimento e scoprire come, la formazione può essere un potente strumento orientativo, in quanto da forma (forma + azione) ad idee, pensieri, confronti, scontri e nuove identità.

Parte così il viaggio sui suoi sette colli.

 

PALATINO:
DOV’E’ POSIZIONATO IL VERBO APPRENDERE

Come non cominciare da una visita al Colosseo? Simbolo per eccellenza della città eterna, di solito è la prima meta turistica. Si scorge da diversi lati della città, ma per vederlo con chiarezza si sale sul Palatino.

 

Ecco allora che il viaggio fomativo parte con il posizionare nella propria mappa implicita il verbo portante del ciclo formativo: apprendere.

Scoprire da che punto di vista lo si osserva, comprendere come si è arrivati a dare forma a quella prospettiva ed accettare il punto di partenza. Questo permette di lavorare sull’allargare lo sguardo e cominciare de-costruire pre-concetti e convinzioni.

Dare nuova forma ad una parola, significa geo-localizzarla in un emisfero diverso da quella dove l’abbiamo sempre posizionata. Creare nuove connessioni, potare alcuni link per attivarne di nuovi attraverso il confronto.

 

E siamo già orientati con occhi diversi.

 

Un po’ come guardare il Colosseo da un nuovo punto di vista, anche se al momento si è in cima al colle più turistico di tutti.

AVENTINO:
PERCHE’ SCELGO DI APPRENDERE?

Colle verde, tranquillo. Permette il riposo della vista e dell’udito e soprattutto il respiro.

La quiete ottima per svelare a se stessi, prima che alle persone che ci accompagnano i valori e i rapimenti che ci appassionano. Che magia le parole. Rapimento, o la chiamata ad essere qualcuno. Nel gergo leopardiano, il rapimento disegna quel momento di meraviglia che confonde e risplende. Quell’attimo che ci spinge verso qualcosa o qualcuno.

Togliere il velo dalla parola apprendere, spesso rivestita da coltre di polvere, generata da anni scolastici che poco hanno a che fare con il rapimento, accompagna i miei compagni di viaggio ad esplorare zone nuove di sé stessi. Emergono valori e motivazioni sull’apprendimento che li stupiscono e il “non avrei mai detto, che poteva essere anche questo”, è la brezza leggera nella calura estiva.

I latini usavano la parola colere per curare. Il termine deriva da cultura: stare nel campo, farlo fiorire, a costo di sudore. Lo stesso, credo, vale per l’apprendimento: prendersi cura di sé partendo dai propri perché e dai propri rapimenti per coltivare e curare la propria magica fragilità.

 

Lo sguardo dall’Aventino ci regala pace e ci spinge a proseguire il cammino con una visione più chiara della mappa: abbiamo aggiunto il pezzetto “apprendo perché”, riorientando alcuni valori ed avviando un processo di apprendimento profondo.

 

La differenza tra apprendimento profondo e superficiale non è molto conosciuta tra i miei viaggiatori. Quando esploriamo come il secondo sia legato a raccogliere e divorare dati ed informazioni, mentre il primo alla scelta, alla connessione ed al pensiero critico, lo stupore aleggia nell’aria. Non tanto per la facilità nell’arrivare alla definizione, quanto per la frequenza e la costanza con cui il secondo viene utilizzato.

 

La sfida proposta è calarsi un po’ più giù. I rapimenti supportano il processo e ci avviamo alla terza tappa. 

CELIO:
LA VASTITA’ E L’ORIGINALITA’ DI STILE E STILI

Il colle più vasto di Roma, con la presenza di quartieri variegati per stile e stili, non può che essere la tappa perfetta per ammirare il panorama del “come apprendo”.

 

Cade a pennello. “Io prendo appunti”, “io ascolto e guardo le immagini”, i video su youtube e tik tok spopolano. Apro la finestra e chiedo se davanti a loro vedono alberi o bosco. “Ma che domanda è? Montagna” Siamo in Trentino. Le battute si sprecano, ma nelle gite, si sa, il divertimento è d’obbligo!

 

Ci avventuriamo tra il “quartiere del globale” e quello “dell’analitico”, “tra il visivo, l’uditivo, il cinestesico” attraversandoli con l’argomento del giorno che ci fa da bandierina: il Titan.

Esperiamo gli stili partendo da articoli, video e perché no un po’ di manualità.

Quanto la quotidianità può essere d’aiuto per un formatore? Osservo lo spettacolo caotico di stili di apprendimento che si intrecciano e si districano. Sperimento come l’orientamento in formazione sia una chiave potente che aggancia i fili della consapevolezza, nel momento in cui il processo è innescato.

 

Ma il bello deve ancora venire.

CAPITOLINO:
L’ALTARE

In passato sede dell’acropoli romana. Per noi la tappa delle chiacchiere, delle domande e della sperimentazione attiva di un apprendimento che va in profondità. Conoscenza e saggezza richiedono impegno e fatica. Creare connessioni, ma soprattutto porsi domande è uno strumento interessante per lavorare sull’apprendimento profondo. Alle domande il nostro cervello non può fare a meno di rispondere. E’ biologicamente programmato per apprendere. L’apprendimento è il cibo della mente e la domanda può “rendere cosciente l’inconscio” come diceva Jung, affinchè non sia l’inconscio a guidare la nostra vita. Il gioco delle domande diventa il momento ludico del viaggio.

Il gioco è una cosa seria, diceva qualcuno. Se orientato, diventa serissimo!!! Diventa sfidante e curioso creare legami e cercare informazioni da manipolare come l’argilla per costruire significati.

“Divertente andare in profondità!” afferma E. alla fine della tappa. Nessuno ha voglia di proseguire. Sguazzano nella loro riscoperta e brillante intelligenza.

ESQUILINO:
INTELLIGENZE ALTE ED ESTESE

Colle che abbraccia diversi quartieri romani. Così come i miei viaggiatori abbracciano intelligenze diverse. C’è chi è più emotivo, chi più logico, chi più collaborativo e chi più esistenziale. Li osservo intanto che cercano di scovare quale intelligenza hanno per la maggiore. E credo di essere fortunata nell’avere l’opportunità di fare questo lavoro, ma soprattutto di accompagnare le persone a vedere le loro bellezze. Perché è fonte di benessere.

Un antico proverbio dice che “un seme nascosto nel cuore di una mela, è un frutteto invisibile”. Annaffiare quei semi, orientando in formazione, gruppi di ragazzi giovani è una parte del viaggio che mi da speranza.  … E scopro che l’intrapersonale ed esistenziale sono le mie intelligenze … perché un formatore non è fuori dal gruppo, mi fanno notare.

VIMINALE:
PICCOLE GRANDI SCOPERTE

E’ il colle più piccolo dei sette.

Il viaggio giunge quasi al termine. Vanno tirate un po’ le somme. Vanno agganciati i pezzetti raccolti durante questo viaggio tra geografia ed apprendimento. Va fatto l’Apprendimento più profondo che conosca.

Quello sulla propria identità. E’ stata un’esperienza. La domanda è semplice. La risposta nel cuore, nella testa e nella pancia di ogni partecipante:

Com’è la mia identità oggi, dopo questo viaggio?

Le definizioni si sprecano ed ognuno narra la parte di sé che ha visto ri-orientare, chi più, chi meno.

QUIRINALE:
TRA DILTS E LEOPARDI

Tanto nominato non ha bisogno di descrizioni. Come, agli occhi degli orientatori più esperti, il viaggio fatto potrebbe richiamare la piramide di Dilts. Ebbene si. E’ stato uno dei miei riferimenti per la costruzione della passeggiata orientativa tra i sette colli di Roma. Tuttavia, la curiosità mi ha spinto ad aggiungere qualcosa di più poetico al tutto. E ad oggi guardo a questo tratto di strada fatto “dall’ermo colle” con “il cor che si spaura”. Spaurire un verbo che come orientatrice comincerò ad usare: “il cuore si spaura, fa esperienza del mistero, sente a contatto con l’infinito di avere dentro l’infinito, si riconosce parente dell’infinito”[1] ed è pronto a scavalcare la siepe dei prossimi viaggi.

 

 

[1] D’Avenia, “L’arte di essere fragili”. Come Leopardi può salvarti la vita, Mondadori

 

 

Di Sara Marchiori

 

 

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