E’ uscita recentemente l’ultima classifica delle Top 10 skills of 2025 redatta dal World Economic Forum. Si tratta di un’occasione per approfondire un argomento interessante per chi si occupa di orientamento: che collegamento c’è fra queste skills e la pratica dell’orientamento?
Una prima osservazione è di carattere organizzativo: stilare una classifica è un’operazione relativamente semplice. Ciò che risulta più difficile è mettere in atto, a livello sistemico, un design generale che permetta di facilitare, rafforzare e potenziare le skills elencate.

A questo riguardo vi sono alcune domande da tenere in considerazione per lo sviluppo di una cultura educativa-sociale che mira ad avere un impatto sulla Comunità di cittadini. Ad esempio
- Quali sono gli attori disponibili a porre fra le loro priorità lo sviluppo di queste skills?
- Quali parametri possono essere utilizzati per valutare oggettivamente la crescita di una skill piuttosto che un’altra?
- E’ attuabile un progetto simile oppure sono parole al vento. Molte volte gli obiettivi sistemici vengono lasciati al caso, alla libera imprenditorialità, alla creatività di qualche buon’anima che si prende carico del problema. Una goccia nel mare.
- È un obiettivo realizzabile quello di collaborare in più dimensioni sulla crescita di queste skills? E’ chiaro il significato di questo obiettivo e che effetti potrebbe avere sul sistema? Oppure pur riconoscendone l’importanza, manca di concretezza.
- Quanto tempo impiegherà a diffondersi una cultura che mira a generare queste risorse in ognuno, a prendersene cura e ad alimentarla per la durata di un’esistenza?
- E’ una questione puramente economica o c’è qualcosa di molto più importante in gioco?
- E’ fattibile prevedere una condivisione di un documento di coerenza fra i diversi attori che potrebbero farsi portatori di una sfida comune?
Come emerge da queste domande la top 10 del World Economic Forum sottintende l’affrontare un problema molto complesso. Sicuramente realizzare un piano d’azione globale risulta un’impresa titanica, quasi ideale, tuttavia lo sforzo comune potrebbe portare a un’evoluzione del genere umano.

La top 10 delle skills è un pov, un punto di osservazione per affrontare una crisi, non solo economica, ma socio-culturale che presenta molti elementi tipici dei momenti di decadenza di alcune civiltà del passato. La nostra civiltà è senza dubbio globalizzata. Al di là dei movimenti di speciazione umana (persone che hanno deciso di abbandonare totalmente il binario del consumismo-democratico-individualista), la Terra è talmente assuefatta a una dinamica avviata più di 150 anni fa che il rischio di non vedere alternative è reale.
Quale contributo può dare l’orientamento a questa situazione?
Una prima ipotesi è che potrebbe partecipare a un movimento di crescita di consapevolezza. L’approccio orientativo, infatti, facilita lo sviluppo di un apprendimento di padronanza, in cui tutto ciò che si impara è ricco di significato e utile ad affrontare le diverse situazioni problematiche e decisionali delle situazioni quotidiane e straordinarie. Questo tipo di approccio può essere messo in atto in percorsi definibili classici orientativi, oppure quando pur apprendendo altro si esercita sempre un pensiero di natura orientativa. E’ il caso ad esempio di una qualsiasi lezione scolastica progettata seguendo un movimento finalizzato a rafforzare quelle abilità tipiche del decision making o del problem solving.

A questo proposito ad esempio la prima fra le skills della top 10 è il pensiero analitico e l’innovazione.
Di che cosa si tratta?
L’analysis Thinking è una forma di pensiero parte indispensabile nell’affrontare e risolvere la maggior parte dei problemi in cui ci si imbatte nella quotidianità professionale e personale.
Raramente infatti nella realtà scorre tutto liscio. Anzi si potrebbe sostenere proprio il contrario: la realtà nella quale ci si muove propone continuamente delle situazioni di problem solving e decision making.
La vita stessa è un processo di apprendimento continuo proprio perché ricca di eventi imprevisti, inaspettati e di situazione in cui si è chiamati continuamente a decidere quale bivio prendere.
Per fortuna l’uomo è dotato di questa forma di pensiero. L’Analysis Thinking ha sede nella neocorteccia.
Si tratta dell’ultima parte sviluppatesi nel nostro cervello. Nella neocorteccia si generano i pensieri risultato delle percezioni e dell’analisi per l’appunto delle stesse. Proprio lì si compie un processo di connessione grazie al quale i dati che vengono raccolti grazie ai nostri sensori (occhi, orecchi, naso, lingua e mani) vengono selezionati, analizzati, valutati in funzione del problema a cui ci trova di fronte.

Quando allenato l’Analysis thinking diventa un potente strumento per definire una mappa grazie alla quale procedere con efficacia. E’ proprio questo tipo di pensiero che genera domande come:
- Quale è il significato di questa informazione?
- Come posso utilizzarla?
- A quali altre informazioni la posso collegare?
Queste sono domande prettamente orientative. Porsi domande orientative è una delle tecniche per allenare la propria mente ad analizzare. Nella nostra realtà, dove ormai i big data sono all’ordine del giorno, sviluppare questo tipo di pensiero diventa un plus valore che rafforza la propria identità professionale ma anche personale. L’Analysis thinking rallenta infatti il pensiero che da veloce diventa lento. Proprio il pensiero lento ci aiuta a valutare i diversi elementi in gioco per coglierne il valore e l’importanza, riflettendo così a quelle che potrebbero essere gli effetti o le conseguenze di una determinata scelta.

L’Analysis thinking non solo è funzionale a leggere in modo critico fredde informazioni ma è anche quel tipo di pensiero a monte della gestione emotiva: analizzare attentamente i comportamenti della persona con cui ci stiamo relazionando, osservarne il non verbale, ascoltarne attentamente le parole ci porterà infatti a chiederci: cosa mi sta dicendo la persona a cui mi trovo di fronte? Quali emozioni mi sta muovendo? E quali emozioni sta provando.
Proprio per questo si può tranquillamente sostenere che l’Analysis thinking è un fil rouge della crescita personale. Analizzare ha tra i molti significati anche quello di approfondire, esaminare, indagare, ricercare, scandagliare, studiare, vagliare, focalizzare l’attenzione verso un punto per chiarirsi come raggiungere un obiettivo o una meta. L’Analysis thinking proprio per questo è un potente alleato per essere protagonisti rispetto ai propri vissuti ed entrare a piè pari nella zona di apprendimento lasciando quella di comfort evitando processi ansiogeni. Si diventa infatti consapevoli che grazie all’analisi si potrà procedere step by step ed alzare le probabilità di raggiungere il proprio fine.
Sintesi finale: rispondi alle seguenti domande:
- Può fare a meno un orientatore di allenare consapevolmente questa skill?
- Quale può essere l’effetto di una sessione orientativa in cui la finalità non è il risultato ma il processo di potenziare questa risorsa fondamentale per decidere?
- Quali strategie e tecniche può utilizzare un orientatore per raggiungere questo risultato?
Se hai cominciato a cercare delle risposte a queste domande e te ne stai ponendo altre allora stai già partecipando a quel movimento di rinnovamento tanto atteso.
Una canzone a me cara inizia in questo modo:
La Rivoluzione sta arrivando…