CHE COSA È LA DIDATTICA ORIENTATIVA?

Ci sono due ragioni che mi spingono ad approfondire che cosa sia la Didattica Orientativa:

 

  1. Seppure il termine di didattica orientativa sia presente nel panorama educativo da tempo, tuttavia è ancora una metodologia poco chiara. Metaforicamente: si riescono a scorgere le sue forme dietro a un vetro appannato. Facendo attenzione se ne intuisce il potenziale e la bellezza, ma per il momento non si vede altro.

 

  1. Molti accademici hanno dedicato energie alla didattica orientativa, proponendo prassi e strumenti. Tuttavia, in molti casi la didattica orientativa presenta delle attività che si vanno ad aggiungere al programma ministeriale a cui l’insegnante è tenuto a rispondere.

 

Due punti iniziali che spiegano, almeno in parte, il perché l’interesse per la Didattica orientativa sia ciclico. Visto il suo sviluppo, periodicamente viene riposta in una scatola e messa nell’armadio fino a quando l’occhio non la riscopre in un cambio stagionale.

Proprio come ora, che sembra arrivata un’inaspettata primavera dell’orientamento. Le correnti che hanno influito sulle temperature fuori periodo sono:

 

  • il PNNR, in apertura aveva sottolineato l’importanza dell’orientamento e l’intento di promuovere azioni formative dirette agli insegnanti. Al momento all’ottimismo iniziale delle 30 ore di orientamento annuale non è seguita alcuna linea di finanziamento. Un’occasione persa?

 

  • A gennaio è previsto il Congresso della Sio, a cui anche Orientareoggi parteciperà con un suo contributo in una sessione di lavoro dedicata alla didattica orientativa.

 

  • Sto incontrando sempre più insegnanti, che dopo una normale fase di ostruzionismo esemplificabile nella frase “anche questo oltre tutto il resto”, hanno iniziato a sperimentarsi in una didattica che oltre ad avere il fine di trasmettere conoscenze e abilità nei quattro assi di apprendimento, sviluppi anche le competenze chiave.

Su questo ultimo punto è già possibile costruire delle connessioni fra didattica classica e didattica orientativa. Le idee si sviluppano a seconda di quante connessioni si riescono ad attivare fra un pensiero e l’altro, una conoscenza con un’altra. Tutto questo, seppure renda la struttura più complessa, consente di mettere a punto una mappa e osservare come il territorio presenti una morfologia variegata; con l’apporto di un geologo dalla forma esterna si può andare sotto la superficie e scoprire la ricchezza dei minerali, dei materiali e degli elementi che partecipano alla formazione del territorio. Ancor più, grazie a un biologo, si potrebbe osservare come vi sia vita sopra e sotto e come queste forme viventi partecipino al sistema.

 

Riprendendo una definizione tratta dalla Pombeni  “In realtà, una buona didattica, se vuole essere davvero orientante, deve prevedere una precisa intenzionalità e una metodologia per promuovere in ogni studente le competenze orientative di base, cioè un insieme di caratteristiche, abilità, atteggiamenti e motivazioni personali che sono necessari al soggetto per gestire con consapevolezza ed efficacia la propria esperienza formativa e lavorativa, superando positivamente i momenti di snodo” (Pombeni, 2001). Le linee ministeriali stimolano la scuola perché proponga una didattica che generi e rafforzi le competenze. “Quali sono le finalità della didattica per competenze? Fornire ai giovani una proposta culturale adeguata al nostro tempo e aperta al contesto europeo. Sostenere un apprendimento degli studenti efficace e documentato, utile e dotato di senso, in una prospettiva di maggiore responsabilità e protagonismo.”.

 

A quali competenze si fa riferimento? Alle 8 competenze chiave:

 

Risolvere i problemi che si incontrano nella vita e nel lavoro e proporre soluzioni; valutare rischi e opportunità; scegliere tra opzioni diverse; prendere decisioni; agire con flessibilità; progettare e pianificare; conoscere l’ambiente in cui si opera anche in relazione alle proprie risorse.

 

Scendendo ancora più in profondità ci si imbatte nella didattica inclusiva ossia una didattica che fa capo a tutti i docenti ed è rivolta a tutti gli alunni, non soltanto agli allievi con Bisogni Educativi Speciali. La didattica inclusiva è la didattica di tutti, che si basa sulla personalizzazione e sulla individualizzazione tramite metodologie attive, partecipative, costruttive e affettive.

 

In effetti una scuola 4.0 come presentata da Senge e Goleman in “A scuola di futuro”, mira a creare contesti che diano voce alle risorse di ogni studente ma non solo. È una scuola che accompagna ad entrare nella zona del proprio potenziale. Si tratta di un territorio dove ci si mette in gioco e si affronta l’incertezza del non sapere. Un’eredità quella del non sapere molto antica ma che è alla base dell’attivazione del discente.

Non solo: proprio in quella zona è possibile allenare quelle abilità alla base dei processi di Design identitari e che orientano il soggetto a rispondere alle domande che per noi, di Orientareoggi, sono alla base della didattica orientativa:

 

  • Che cosa osservo?
  • Che cosa ascolto?
  • Che cosa condivido?
  • Che tipo di energia sento?
  • Dove sono?
  • Chi sono?
  • Quale direzione potrei, posso, voglio ipotizzare?

Sono alcune fra le domande che fanno girare l’ago della propria bussola interiore. Facilitano un processo di consapevolezza rispetto all’apprendimento, sia per quanto riguarda ciò che ho compreso e so gestire, sia per quanto riguarda i contenuti di partecipazione motivazionale.

 

Come è possibile strutturare una lezione che contenga tutto questo?

 

Noi di Orientareoggi l’abbiamo chiamata lezione a multistrato. Nel libro “Scegliere la scuola futura con cuore, testa e pancia” abbiamo proposto degli esempi di come fare una lezione di matematica e contemporaneamente proporre un’esperienza di orientamento per scegliere la scuola futura ascoltando il proprio cuore, la propria testa e la pancia.

 

A proposito di questi tre cervelli, che abbiamo preso a riferimento dalla pratica dell’M-braining, in un intervento in una prima media abbiamo aperto chiedendo agli alunni se conoscevano i tre cervelli. Ci hanno guardato come dire: Avete scoperto l’acqua calda.

Si immagini una lezione in cui l’insegnante stimola gli alunni a far ricorso alle proprie risorse presenti nel cervello cuore, in quella della testa o della pancia, con delle semplici domande.

 

Esempio: prima di iniziare a risolvere il problema di quali abilità abbiamo bisogno?

 

E’ possibile facilitare il processo di consapevolezza in fase iniziale arricchendo il vocabolario degli alunni (osservare, leggere con attenzione, evidenziare gli elementi chiave, annotare i dati, visualizzare la figura, disegnarla con precisione………..);

Senza le parole il pensiero decade, si impoverisce. Decade la consequenzialità e logicità del pensiero e molto altro.

Prendo coraggio: “la didattica orientativa è la chiave per promuovere un apprendimento pieno (in altre parole intendo anche consapevole autodiretto responsabile e generativo). Per noi di Orientareoggi si tratta di una dimensione in cui il soggetto ha accesso sia alle risorse già presenti che a quelle ignote. Facilitando l’ascolto del proprio cuore, della testa e della pancia si coinvolge pienamente chi sta apprendendo perché lo si potenzia nella consapevolezza. Risorsa quest’ultima che incide profondamente nei processi decisionali, perché prerequisito per lo sviluppo di un pensiero sistemico e critico e soprattutto volto all’autonomia -padronanza.

 

Quest’ultime tipologie di pensiero sono il risultato delle 8 competenze chiave, che in parte riprendono le 10 Softskills prese a riferimento dall’OMS nello sviluppo del proprio benessere. In sintesi tutto questo dà vita all’intelligenza orientativa, grazie alla quale ci si muove con auto-efficacia nel Mondo, si ha accesso al proprio valore, si intuisce e si attua il proprio ruolo nel sistema di appartenenza ossia la nostra Terra. Ben venuta Didattica Orientativa”.

 

 

Di Massimo Ravasi 

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