Terminare l’anno con la tematica del Dubbio sembra fare poco Coach. Questo periodo dovrebbe essere ricco di pensieri positivi e propositivi verso tutto ciò che ci aspetta al di là di quel 31 dicembre che rappresenta allo stesso tempo una linea di arrivo e una di ri-partenza. Per muoverci nella dimensione spazio-temporale servono punti di riferimento chiari. Avere un termine ultimo permette di ricordarsi che è trascorso del tempo, che gran parte di quel tempo lo si è dedicato per creare, progettare, svolgere tante attività diverse e intanto si è provato a raggiungere tutti gli obiettivi che ci si era posti il 31 dicembre dell’anno prima. In questo modo si dà vita a una dimensione temporale grazie alla quale la propria identità sa di essere stata, è e sarà. Questa concezione temporale nasconde un’illusione psico-emotiva diffusa:
con l’anno nuovo farò, mi dedicherò, inizierò…
Verbi al futuro semplice che rimandano al poi e ci autorizzano a darci una change di pro-attività.

Il dubbio che ho e che si tratti di un vero e proprio inganno; vado a cercare nel web se fra i bias cognitivi, ossia distorsioni che attuiamo nella valutazione di fatti e avvenimenti, ve ne sia qualcuno che possa darmi qualche spunto. Per tradurre in gergo popolare il concetto di bias: sono delle scorciatoie che ci autorizzano a fare meno fatica, a spendere meno energia, a mantenere quelle convinzioni a cui siamo affezionati, a prendere delle scelte evitando un processo di approfondimento. Ci sono studiosi dediti a mapparli nel bene e nel male. Sono conoscenze di cui dovremmo essere informati e educati: è l’equivalente di essere al corrente di un difetto di progettazione in un’auto. Informare il consumatore è un obbligo etico e morale: ne va della sua sicurezza. Invece, purtroppo, seppure siano informazioni a disposizione, vengono prese poco in considerazione. Nel sottobosco intanto c’è chi elabora teorie di marketing molto sottili per sviluppare una comunicazione in grado di sfruttare i bias. Complottismo?
La definirei normale prassi del nostro sistema socio-economico fondato sulla vendita e guadagno.
Un mio amico direbbe: stendiamo un velo pietoso.
Pietà nei confronti di chi?
Mi metto in prima fila: di me stesso che tendo a scordarmi di quei personali difetti di progettazione.
Il bias preso a riferimento è: Errore di pianificazione (planning fallacy)

La capacità di prevedere il futuro è poco attendibile. Succede anche quando si pianifica lo studio o un progetto di lavoro. Si ha la tendenza ad essere ottimisti sul tempo che si impiegherà per realizzare i nostri obiettivi. Questa tendenza nasce da un altro bias secondo il quale si ha una predisposizione a sovrastimare “l’io futuro”. Nel futuro ci si percepisce come super uomini o donne in grado di cambiare improvvisamente abitudini e realizzare ciò che si desidera. In realtà l’io del futuro si realizzerà in base a quanto siamo disposti a cambiare da noi fin da subito nel presente. Il rischio di rimandare è di evitare quell’incipit di ciò che potenzialmente si può essere.
Fallo ora se vuoi farlo.
Potrebbe suonare un po’ troppo semplice, ma agisce come una scossa. Bando alle ciance, alle procrastinazioni, alle linee di fine e di inizio anno. Fermo restando che le programmazioni sono indispensabili. Un mondo senza riferimenti temporali cadrebbe nel caos: l’organizzazione è basata sul numero. Le valutazioni, le analisi, le sintesi sono possibili grazie ai numeri, a riferimenti oggettivi, a dati da prendere in considerazione, confrontare, leggere.
Sono proprio queste le abilità che mettono a tacere i Bias e mi fanno da specchio di ciò che sono obiettivamente. Può far male oppure motivare a continuare.
Sei sulla buona strada, hai ottenuto dei risultati, vai avanti, ora.
Quell’ultima parola aggiusta un altro difetto di progettazione:
L’AKRASIA
È un termine che deriva dal greco e sta ad indicare la debolezza di volontà o di agire con razionalità. L’effetto è che si continua a rimandare al domani e si ignora il proprio grillo parlante.
Spunto strategico: quando ti senti incartato e non sai che pesci pigliare, fermati e dai voce al grillo parlante. Per ricordarsi di questo importante alleato che c’è in te stampati una sua immagine e mettila nel portafogli o altrove. Ti proteggerà. Tratto da: Coaching e paganesimo, come potenziare la propria identità con nuove divinità? (Ed. Orientareoggi, Massimo Ravasi, anno 2025)
L’Akrasia è una sorta di forza invisibile che blocca la volontà. Ogni sforzo sembra invano.
È una forza che conosce molto bene i difetti di fabbricazione dell’essere umano. Così butta lì frasi del tipo:
con l’anno nuovo, amico, si inizia, ce la farai.
E qui ritorna il dubbio che la fine e l’inizio siano il prodotto di una cultura che vuol dare forza all’Akrasia.
Gli studi rivelano che questo atteggiamento sia il risultato di una distanza temporale fra l’impegno richiesto nel presente e il risultato finale da raggiungere. Una soluzione? Ad esempio: suonare le trombe per svegliare il proprio Capitano addetto alla Disciplina.

Ora si è dato avvio alla battaglia. E’ una sorta di scontro fra Titani: Akrasia e Consapevolezza, Consapevolezza e Bias.
Sul campo arriva anche il Dubbio.
Nel dubbio c’è il bianco e il nero, potrei cadere, potrei non farcela, ma anche farcela, restare, arrivare alla fine. Il dubbio mette in crisi, fa sentire insicuri, ma nel dubbio c’è anche possibilità.
Amleto che si chiede: essere o non essere? Una domanda che contiene sia l’inizio che la fine.
La ricetta per sciogliere il dubbio?
Respira
Ed ora coraggio, dillo: I will be. I will be Sir!