UNICITÀ

“La condizione e la caratteristica di essere unico; il fatto che non esistono, per un elemento, altri uguali o simili.” E ancora: “eccezionalità, impareggiabilità, ineguagliabilità, singolarità,…”.

 

Ho sempre associato questa parola a un’altra molto importante nel mio lavoro di orientatore e di coach: Bellezza.

 

Il prerequisito per cogliere l’unicità è essere curiosi e aperti al nuovo incontro. Essere curiosi implica un processo di destrutturazione che prevede di ricordarsi, prima di tutto, che non si è onniscienti, anzi tutt’altro. 

 

Si fa tabula rasa delle proprie Verità, della sicurezza che va fatto a quel modo. Dall’altra si lascia che la propria esperienza, conoscenza, competenza sia contaminata da ciò che avverrà.

 

A volte, lo ammetto, è faticoso: cado nella tentazione di sapere già quale potrebbe essere la soluzione di un processo di cui invece l’unico protagonista è il beneficiario.

 

Re-setting: alle affermazioni sostituisco le domande.

 

La domanda maieutica che porta la persona a cercare, valutare e rispondere. L’orientamento è un processo di scelta, e il vero potenziamento avviene proprio nell’allenamento delle abilità necessarie per scegliere.

 

L’orientatore, si diceva, usa le domande per promuovere la conoscenza intima con sé stessi, anche quando la persona, a cui ci si trova di fronte, ha lo sguardo di uno che sta in un campo avvolto dalla nebbia. 

 

Principio: orientatore fai in modo che la persona che hai davanti possa riscaldarsi internamente. Tutto questo provocherà un primo cambiamento atmosferico. La nebbia evaporerà a mano a mano che le domande faranno penetrare un raggio di sole laggiù. 

 

Che cosa è il raggio di sole? La risposta trovata; la nebbia diventerà più leggera, un velo dietro al quale anche tu vedrai un paesaggio.

luce-nebbia

Principio: orientatore stai attento a non cadere nella tentazione di mettere mano a quel paesaggio; il paesaggio è già lì da un po’ o almeno una sua prima bozza; una sorta di tela sulla quale il navigatore comincerà a tratteggiare linee più marcate, se tu gli darai modo di valutare quale colore e mina utilizzare.

 

Principio: orientatore ora osserva l’unicità. E’ un momento di estrema bellezza. Questo è un dono che la persona ti sta facendo perché si sono accorciate le distanze e sei vicino alla zona di intimità. Seppure fisicamente si mantenga una distanza personale (dai 0,5 ai 1), l’uovo prossemico si è ridotto. O forse nella dimensione orientativa lo spazio diventa altro.

 

L’antropologo Hall, il fondatore della prossemica, ha identificato quattro zone che rappresentano la distanza tra le persone, chiamate zone interpersonali e che identificano il significato della distanza corporale tra gli attori della comunicazione.

 

La zona più intima è tra 0 e 0,5 metri.  Questa distanza è la distanza che viene mantenuta nelle relazioni intime. E’ una distanza che permette di condividere le emozioni, toccarsi, parlarsi a bassa voce, baciarsi.

La seconda zona è quella personale e prevede una distanza tra 0,5 e 1 metro. E’ uno spazio che si mantiene nelle relazioni più informali. In generale in questa zona si può vedere e toccare l’altro, ma normalmente non se ne percepisce l’odore.

 

Dalla terza zona in poi la distanza aumenta. La terza è chiamata zona sociale e prevede una distanza tra 1 e 4 metri. E lo spazio per le relazioni più formali

 

E infine si ha la zona pubblica: oltre i 4 metri.  E’ lo spazio più istituzionale, degli incontri pubblici.

Principio: orientatore quando osservi il paesaggio fallo dalla giusta distanza per coglierne la ricchezza dei particolari, le linee delle colline, quell’albero sullo sfondo, il fumo di un comignolo, e qualcuno che sta lavorando la terra.

 

Che nome ha questa zona?

 

Non è intima eppure provoca delle emozioni che vanno gestite così da generare altre domande che permettano alla persona di sentire come sta in quel paesaggio; non è personale pur essendo partecipi a un evento in cui si è spettatori di un processo di scoperta, la cui meraviglia andrà gestito così da generare altre domande che consentano alla persona di procedere ulteriormente. Non è sociale eppure allo stesso tempo l’orientatore è un facilitatore riconosciuto da chi sta vivendo quanto sta avvenendo. Le parti hanno condiviso uno patto basato sul fatto che la relazione sarà:

 

  1. Simmetrica nell’interazione, perché l’orientatore non dispensa consigli ma si pone alla pari rispetto al beneficiario in un processo di esplorazione, di scoperta, e di costruzione di consapevolezza comune rispetto a ciò che viene rivelato.
  2. Complementari nei ruoli: ognuno dei due attori ha il suo ruolo specifico, che è distinto rispetto a quello dell’altro.
  3. Asimmetrica nel contenuto: il focus della relazione orientativa è sempre il beneficiario mai l’orientatore, che si pone invece come mezzo per facilitare le fasi dello stesso processo , dall’esplorazione alla domanda, all’individuazione delle potenzialità…

 

(rielaborazione e riadattamento: tratto da L’essenza del Coaching, Alessandro Panniti e Franco Rossi, Franco Angeli)

Le interazioni nello spazio orientativo sono significanti: si potrebbero creare delle situazioni di manipolazione o dominanza dell’altro.

 

 

Principio: orientatore rispetta lo spazio personale dell’altro, sia per non invadere o manipolare, né tanto meno per destabilizzare.

 

Questi sono alcuni fra i principi che per noi, di Orientare Oggi, sono basilari per avere la fortuna di vedere quella bellezza che è propria dell’Unicità.

 

 

 

 

Di Massimo Ravasi

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