IMMAGINA … PUOI

Aristotele definiva l’immaginazione parte di un processo conoscitivo, in quanto contribuisce a creare e formare concretamente l’immagine collegata all’oggetto percepito in base:  

 

  • ai suoi dati sensibili propri, per es. il sapore al gusto, il colore alla vista ecc. 

 

  • ai suoi dati sensibili comuni, per es. la massa, il movimento, la figura 

 

  • ai suoi dati sensibili accidentali, che intervengono occasionalmente, ad es. un sapore disgustoso. 

 

Vi ricordate quando da bambini giocavate agli indiani e immaginavate di essere nella foresta? E quando interpretavate il vostro eroe preferito che sconfiggeva il male? E quando da adolescenti immaginavate di salvare il mondo?  Ecco in quei momenti si stavano costruendo processi conosciti che contribuivano a creare immagini diverse di voi. La mente era sgombra e libera e vi portava ad osservare voi stessi da altre prospettive, oltre i limiti e le barriere della realtà. 

 

Cosa succede nella nostra società moderna? 

 

  • siamo costantemente immersi nella tecnologia, che legge i nostri desideri prima che gli stessi siano maturati a livello intenzionale. Per immaginare ci vuole il tempo di sedersi sul prato e guardare le nuvole, immaginandone le forme, ci vuole tempo per scegliere i colori da schizzare sulla tela in un giorno di pioggia, immaginando il significato delle forme che compaiono. In un mondo che richiede sempre più velocità di azione e di pensiero, l’arte dell’immaginare versioni desiderabili diverse di noi, non è contemplata,  

 

  • siamo legati al ciclo della commercializzazione, dove la pressione culturale spinge a soluzioni “usa e getta” pur di soddisfare micro sensazioni di malessere, sfuggendo così alla resilienza alla frustrazione. E immaginare, seppur possa essere rilassante nelle sue prime fasi, implica mettere in atto azioni in modo da rendere concreta l’immagine che si presenta … altrimenti resta fantasticheria. 

 

  • siamo immersi nell’emulazione di personaggi che riteniamo più In di noi. Fatichiamo a costruire una narrazione personale, all’interno della cultura digitale, che rende reale solo ciò che è condiviso, e ci fa perdere il senso di realtà basato sull’esperienza sensoriale del qui ed ora. Le sensazioni e le emozioni sono alimento per l’immaginazione, in quanto permettono di assaporare il risultato, potenziarlo e cominciare a pensare alla sua realizzazione … 

 

 

Cos’è che blocca il flusso immaginativo conoscitivo nei termini in cui lo proponeva Aristotele e lo vivevamo da bambini? 

Probabilmente le principali responsabili, sono le paure: 

 

  • Paura di non essere all’altezza dell’immagine che la società si aspetta da me: per dimostrare a me stesso, agli altri e al mondo che valgo, metto in luce parti di me distanti da ciò che sento e ritengo desiderabile. Immagino ciò che credo mi porti fiducia, stima, meriti da parte di altri, ingannando me stesso ed innalzando le aspettative altrui. 

 

  • Paura di sbagliare l’immagine che racconto di me e che alla società potrebbe non andare bene: questa paura è più legata alla nostra percezione della realtà, o meglio a quello che vediamo attraverso la continua e costante condivisione di modelli ritenuti perfetti e a cui tendiamo a mirare, piuttosto che immaginare versioni personali  

 

  • Paura di non piacere: essere amati e apprezzati è una necessità primordiale per l’essere umano, ma il bisogno di essere amati da tutti ne è l’espressione disfunzionale. La ricerca costante dell’apprezzamento altrui e la richiesta dell’approvazione, inibisce la capacità di immaginare delle versioni autentiche e nuove di noi stessi, in quanto l’importanza di ciò che vedono gli altri è vitale rispetto alla costruzione ed alla validazione di desideri ed immagini esclusivi. 

 

Recuperare la capacità dell’immaginare per orientarsi all’interno della società moderna  

Nel tempo veloce in cui viviamo il primo principio per provare a recuperare l’immaginazione come capacità generativa è quello di rallentare, di non accelerare ulteriormente il ritmo frenetico della società in cui viviamo ed osservare i profumi i colori e le forme delle particelle che si formano nella nostra mente, in un momento di “pit stop”.  

Nella nebbia, nella confusione, lasciar emergere, con pazienza ed in uno stato meditativo, tutte le possibili realtà di noi che si intravedono: cominciare a potenziare quella parte del ciclo di Kolb che è la divergenza.  

 

Il secondo principio diventa quindi quello di divergere, inteso come ampliare lo spazio, dare aria ed accogliere le ipotesi che si palesano: osservare, prendere nota e ammirare quanto il potere dell’immaginazione sia prolifico. 

 

E se? … una volta ammirata la tela con tutte le immagini emerse, il terzo principio è quello di dare avvio alle diverse immagini di noi. Cominciare a chiedersi E se provassi? E se avviassi quel progetto? E se mi iscrivessi a quel corso? Cominciare a delineare le ipotesi, rende la capacità immaginativa più vicina alla concretezza ed alla definizione dei propri desideri. Non solo.  

Immaginare diventa, così “la capacità di vedere la magia dentro di sé, e riconoscere che dentro di noi si possono creare nuovi mondi e nuove forme di vita”. Per dirla con Giò Evan. 

Comincia ad essere la visione di diversi territori che mi appartengono, inizia ad essere un viaggio in cui prendo consapevolezza delle diverse mappe che mi concedo di osservare, scoprire, potenziare. Prende avvio il tracciare rotte inesplorate per adattarmi al contesto che sto vivendo con protagonismo ed autodeterminazione, creando di volta in volta il mio OPUS. 

 

“OPUS è una parola latina e significa opera, lavoro. Ma per gli alchimisti rinascimentali l’opus era il procedimento che portava alla realizzazione della pietra filosofale, la sostanza che permette di trasformare i metalli in oro e possiede l’immortalità”.

 

Nell’orientamento di Orientare Oggi, il prendere in considerazione il contesto in cui siamo immersi, l’allenamento alla divergenza ed alla scelta, nonché il potenziamento della narrazione personale sono gli elementi che ci permettono di coinvolgere, condividere e crescere con le persone che incrociano il nostro cammino e ci permettono di arricchirci e creare nuove immagini di noi. 

 

 

Sara Marchiori 

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